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Dun continuo trambusto

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SE TI LEGGO NERUDA

 

Se ti leggo Neruda

poi dirada la noia

disseminata nella sera

che sta contando pustole e veleni

per quelle ore

vizze come foglie

distrutte dal malsecco dei limoni

Ti leggerò dell’onda che s’arriccia

sulle scogliere basse d’Isla negra

e i vicoli sommersi dei fondali

dove la voce afona del mare

sa accompagnare l’anima

lungo le vie d’un altro firmamento

 

Fra strusci di conchiglie

diventeremo occhi che si fondono

sulla falsa platea dell’orizzonte

e sarà proprio un vento di campane

a cullare le alghe alla riviera

o a scoperchiare al sole i boccaporti:

ma ora già scendiamo nella notte

come i pesci s’imbucano alle tane 

e sento che saremo

un’altra musica

 

  

 

QUALE GIORNO

  

Quale giorno aspettare

quello del dì di festa

col fascio d’erba in mano

i giorni della merla o dell’apocalisse

della Santa patrona

che oscilla fra le case

o del nibbio che migra

sperando di tornare?

 

se adesso è solo impaccio

e nero nelle unghie

la mia scorza d’attesa

dura come torrone e vuota come il cielo

Pure una voce sembra sussurrare

che da una soglia in poi

ogni cosa parrà senza ragione

e che false pianure graveranno

sul ristretto cammino che rimane

e diversa sarà ogni imminenza

Intanto metto in fila minutaglie

di piccoli cammei chiusi nel cuore

pur se un vagòre s’apre e si rintana

nell’ombra delle mensole sul muro

 

e il mattino m’adagia solitario

come un tir posteggiato alla frontiera

 

 

[ da D'un continuo trambusto, Nicola Romano, Passigli Editori ]

 

 

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