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al testo di Nicola Romano
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SE TI LEGGO NERUDA
Se ti leggo Neruda poi dirada la noia disseminata nella sera che sta contando pustole e veleni per quelle ore vizze come foglie distrutte dal malsecco dei limoni Ti leggerò dell’onda che s’arriccia sulle scogliere basse d’Isla negra e i vicoli sommersi dei fondali dove la voce afona del mare sa accompagnare l’anima lungo le vie d’un altro firmamento
Fra strusci di conchiglie diventeremo occhi che si fondono sulla falsa platea dell’orizzonte e sarà proprio un vento di campane a cullare le alghe alla riviera o a scoperchiare al sole i boccaporti: ma ora già scendiamo nella notte come i pesci s’imbucano alle tane e sento che saremo un’altra musica
QUALE GIORNO
Quale giorno aspettare quello del dì di festa col fascio d’erba in mano i giorni della merla o dell’apocalisse della Santa patrona che oscilla fra le case o del nibbio che migra sperando di tornare?
se adesso è solo impaccio e nero nelle unghie la mia scorza d’attesa dura come torrone e vuota come il cielo Pure una voce sembra sussurrare che da una soglia in poi ogni cosa parrà senza ragione e che false pianure graveranno sul ristretto cammino che rimane e diversa sarà ogni imminenza Intanto metto in fila minutaglie di piccoli cammei chiusi nel cuore pur se un vagòre s’apre e si rintana nell’ombra delle mensole sul muro
e il mattino m’adagia solitario come un tir posteggiato alla frontiera
[ da D'un continuo trambusto, Nicola Romano, Passigli Editori ]
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